Della Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della Giunta regionale, legale rappresentante pro-tempore, Sig. Stefano Bonaccini, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale progr. n. 130 del 16 febbraio 2015, rappresentata e difesa per mandato speciale a margine dal prof. avv. Giandomenico Falcon (C.F. FLC GDM 45C06 L736E), dal prof. avv. Franco Mastragostino (C.F. MST FNC 47E07 A059Q) e dall'avv. Luigi Manzi (C.F. MNZ LGU 34E15 H501Y; fax: 06/3211370; Pec: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org) ed elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica; con notifica anche: alla Corte dei conti, Procura regionale per l'Emilia Romagna - Bologna, in persona del Procuratore Regionale; alla Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in persona del suo Presidente; per la dichiarazione che non spetta allo Stato e per esso alla Procura regionale della Corte dei conti il potere di citare in giudizio i Capigruppo e i Consiglieri regionali come prosecuzione dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre gia' impugnati per conflitto di attribuzione (R.G. n. 8/2014 Reg. Conflitto Enti) in relazione alle spese dei Gruppi consiliari relative all'esercizio 2012, sovrapponendo autonomi e differenti apprezzamenti alle valutazioni di merito riservate agli organi regionali, cosi' protraendo la precedente illegittima azione di controllo e fuoriuscendo dai legittimi confini del sindacato giurisdizionale e, quindi, per il conseguente annullamento anche di tali atti e delle istanze di sequestro conservativo in alcuni di essi contenute come di seguito individuati: 1. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Roberto Sconciaforni, nato a Bologna il 31 maggio 1968 (C.F. SCNRRT68E31A944R); 2. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Liana Barbati, nata a Guastalla il 23 ottobre 1948 (C.F. BRBLNI48R63E253L); 3. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Andrea Defranceschi, nato a Bologna il 31 luglio 1971 (C.F. DFRNDR71L31A944M); 4. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Marco Monari, nato a Bologna il 22 gennaio 1961 (C.F. MNRMRC61A22A944P); 5. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Gian Guido Naldi, nato a San Lazzaro di Savena il 10 luglio 1949 (C.F. NLDGGD49L10H945B); 6. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Luigi Giuseppe Villani, nato in Argentina il 02 maggio 1955 (C.F. VLLLGS55E02Z600M); 7. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Silvia Noe', nata a Bologna il 08 ottobre 1961 (C.F. NOESLV61 R48A944L); 8. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro conservativo, nei confronti di Matteo Riva, nata a Reggio Emilia il 10 febbraio 1969 (C.F. RVIMTT69B10H223K); 9. Atto di citazione nei confronti di Andrea Pollastri, nato a Piacenza il 21 aprile 1965 (C.F. PLLNDR65D21G535P), nonche' nei confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani; 10. Atto di citazione nei confronti di Alberto Vecchi, nato a Bologna il 21 dicembre 1963 (C.F. VCCLRT63T21A944T), nonche' nei confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani; 11. Atto di citazione nei confronti di Marco Carini, nato a Piacenza il 14 maggio 1958 (C.F. CRNMRC58E14G535I), nonche' nei confronti del Capogruppo Marco Monari; 12. Atto di citazione nei confronti di Roberto Montanari, nato ad Argenta il 23 febbraio 1956 (C.F. MNTRRT56B23A393K), nonche' nei confronti del Capogruppo Marco Monari; 13. Atto di citazione nei confronti di Gabriella Meo, nata a Roma il 19 marzo 1959 (C.F. MEOGRL59C51H501G), nonche' nei confronti del Capogruppo Gian Guido Naldi; nonche' di ogni altro atto di citazione, eventualmente in corso di notifica, di pari contenuto. Premesso in fatto Le vicende che conducono al presente ricorso sono iniziate nel 2013, quando la Regione Emilia Romagna ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad alcune deliberazioni della Sezione delle autonomie e della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, con cui si e', rispettivamente, orientato ed esercitato, in riferimento all'esercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari a norma dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213. Tale ricorso e' stato accolto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 130/2014, che ha sancito la radicale illegittimita' dell'intera procedura di controllo in relazione all'anno 2012. Con la predetta sentenza la Corte ha altresi' ribadito il proprio precedente (39/2014) affermando che il sindacato della Corte dei conti "assume come parametro la conformita' del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni" e deve, pertanto, "ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all'autonomia politica dei Gruppi, nei limiti del mandato istituzionale". Pur essendo state annullate le deliberazioni della Sezione di controllo, questa trasmetteva i risultati della sua indagine alla Procura della Corte dei conti, che iniziava la propria attivita' investigativa e formulava nei confronti di Capigruppo e di singoli Consiglieri dell'Assemblea legislativa "contestazioni di responsabilita' ed inviti a dedurre". Con ricorso in data 30 luglio 2014, questa Regione sollevava, pertanto, conflitto sia contro la Sezione di Controllo, chiedendo l'annullamento della nota di trasmissione alla Procura di indagini che non rientravano nelle sue attribuzioni, che contro la Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Bologna, per aver fatto seguire, a questa documentazione, attivita' prodromiche all'esercizio dell'azione di responsabilita' erariale, oltreche' per aver svolto, sulla base dell'illegittimo atto di controllo, un generalizzato sindacato sull'inerenza al mandato istituzionale" delle spese dei Gruppi; e denunciando, altresi', la sostanziale disapplicazione della precedente sentenza della Corte costituzionale. Questo secondo conflitto non e' stato ancora deciso. Cio' nonostante, la Procura della Corte dei conti ha proseguito nella sua attivita', emanando gli atti di citazione in giudizio, ora in contestazione. Il presente conflitto costituisce la continuazione di quello precedente, e si riferisce ad una diversa fase evolutiva della stessa procedura, come e' dimostrato dalla circostanza che gli atti di citazione qui impugnati sono motivati sulla base degli stessi elementi su cui si fondano l'illegittimo atto di controllo e gli inviti a dedurre. L'impressione di uno scontro con il Consiglio regionale e la Regione, per non voler riconoscere l'errore compiuto con i controlli del 2012, e' confermata dalla riproposizione negli atti di citazione - che avrebbero dovuto soffermarsi sui singoli incolpati, e invece in relazione ad essi non contengono nulla in piu' del precedente atto di controllo - delle argomentazioni contenute nella memoria difensiva della Procura nel pendente conflitto, sulle quali e' ancora attesa la decisione di codesta ecc.ma Corte, che e' del tutto inappropriato cercare di anticipare a proprio favore, anziche' attendere rispettosamente - come sarebbe stato doveroso, oltre che opportuno - la decisione di codesta Ecc.ma Corte; e cio' pur non essendovi, alcun palese motivo di urgenza nell'anticipare la conclusione dell'indagine e la citazione in giudizio (anche a fronte della prorogabilita', da parte del Presidente della Sezione giurisdizionale, del termine per proporre la citazione, decorrente dalla presentazione delle controdeduzioni precontenziose), se non, forse, la volonta' di cavalcare l'onda della sovraesposizione mediatica che il tema delle "spese della politica" ha ottenuto in tempi recenti. Sulle ragioni del presente conflitto e sull'interesse al ricorso. La Procura ha nuovamente agito sul presupposto di avere la attribuzione a censurare le spese dei Gruppi assembleari e dei Consiglieri, a contestare, nel merito, la inerenza di esse al mandato e a rovesciare, di conseguenza, l'onere della prova, dovendo i Consiglieri dimostrare spesa per spesa il nesso funzionale con il mandato politico. La Regione Emilia Romagna non puo', percio', esimersi dal rinnovare il conflitto, ribadendo le proprie ragioni, anche per evitare che la sua eventuale inerzia possa essere valutata come manifestazione di implicita acquiescenza. Appare con evidenza, pertanto, l'interesse della Regione al ricorso, trattandosi, innanzitutto, di ribadire quanto essa ha gia' sostenuto nel precedente conflitto di attribuzione, non riscontrandosi nella Procura della Corte dei conti un atteggiamento di prudente attesa della pronuncia di codesta Corte, nel rispetto dei normali principi di leale cooperazione fra Istituzioni. Proprio all'opposto, attraverso una lettura svalutativa delle prerogative dell'Assemblea politica e dei suoi membri, trattati come se fossero "agenti contabili" legati da un rapporto di servizio con l'Ente, e non tenendo in alcun conto l'esistenza di una disciplina legislativa regionale in vigore relativa alle modalita' del controllo sulle spese dei Gruppi consiliari, la Procura della Corte dei conti ha assunto un atteggiamento che alla Regione appare completamente estraneo ai suoi compiti e ai suoi poteri. Basti solo Osservare che la pretesa della Procura di ottenere dai singoli Consiglieri, per ogni specifica spesa, elementi di prova dell'inerenza al mandato politico (tutte le spese per il funzionamento decentrato del Gruppo, fra le quali vengono elencate "Autonoleggi, taxi, bus, corrieri per spedizioni, contratti di service, ufficio esterno consiglieri", ma anche le spese sostenute personalmente dal Consigliere nello svolgimento del rispettivo incarico, quali "pranzi di lavoro, treno, auto, pedaggi, aereo, hotel per incontri e missioni, anche se pagati con carta di credito del Gruppo") determina uno schiacciamento dei rappresentanti eletti sull'immagine del dipendente pubblico, al quale ben si puo' chiedere conto specifico dell'impiego del danaro pubblico messo a sua disposizione. E', invece, del tutto evidente che l'autonomia dei rappresentanti ed anche la riservatezza che deve tutelare la loro attivita' politica impedisce di rendere pubblico ogni aspetto della loro attivita' extra moenia, dei loro contatti politici e dei loro rapporti sociali; e che su di essi certo non puo' un Giudice, sia pure contabile, esprimersi in termini di ammissibilita' o meno, salvo i casi di palese mancanza di qualsiasi possibile nesso tra la spesa e la politica (per es., l'acquisto di una autovettura o di oggetti ad uso personale). In certi casi l'attivita' del Consigliere dovrebbe restare riservata persino nei confronti dello stesso Capo gruppo, come mostra palesemente l'ipotesi del Gruppo misto, in cui Consiglieri di appartenenza politica diversa non possono essere tenuti a rivelare ogni aspetto della propria iniziativa politica ad un Capo gruppo potenzialmente di appartenenza politica opposta. Del resto, l'illegittima intromissione nell'autonomia del Consiglio regionale e nella stessa attivita' politica dei consiglieri si rende evidente anche nei passaggi nei quali la Procura, nei propri atti di citazione enuncia una specie di "codice", che impressiona per come introduce (come fosse un legislatore in grado di determinare l'ampiezza dell'autonomia degli organi politici regionali) regole che - ad avviso della ricorrente Regione - non hanno alcuna corrispondenza con le pertinenti regole costituzionali e con la realta' dell'attivita' dei consiglieri regionali. Cosi' alla voce "Spese per pasti" si legge: "In ordine alle spese per consumazioni in ristoranti, bar e autogrill, asseritamente ricondotte a spese di rappresentanza, si Ritiene, in via generale, che un soggetto politico che debba incontrare colleghi, cittadini e portatori di interesse collettivi, pur avendo un doveroso obbligo di partecipare a tali incontri e confronti, espressivi dell'essenza piu' intrinseca della politica [...], ben puo' e deve espletare tali costruttivi dialoghi esclusivamente nelle competenti sedi istituzionali [...], o presso sedi private di portatori di interessi collettivi [...], ma non certo in un ristorante con costi (per se' e per ospiti) a carico dell'amministrazione" (p. 29-30 citazione Sconciaforni). Impossibile usare il taxi, per il quale "non dovuto e' il rimborso" (si legge a p. 33), in quanto una non meglio identificata "normativa" non lo consentirebbe. Ma neppure il treno va bene: "Parimenti illegittimi sono inoltre i rimborsi per spese ferroviarie e/o di trasporto sostenute per incontri con politici o movimenti del medesimo partito in altra Regione" (p. 33): affermazioni che si stenta a credere di leggere. Ancora, in materia di consulenze "se e' vero che il consiglio ragionale ... rappresenta ... il punto di sintesi degli interessi della collettivita' regionale e deve, a tale organo essere riconosciuta una certa autonomia anche amministrativa" (enfasi aggiunta), tuttavia "tale autonomia non puo' ... spingersi al punto di ignorare un chiaro - e ripetuto negli anni indirizzo del legislatore nazionale in materia di limiti alla facolta' di affidare consulenze ed incarichi all'esterno" (p. 34); sicche' - sempre nel segno dell'autonomia - va ritenuto che "ciascun gruppo consiliare soggiaccia interamente ed integralmente ai principi generali restrittivi fissati dal legislatore statale e regionale, a nulla cio' impingendo con il principio di autonomia politica" (p. 34); come se le norme limitative delle consulenze affidate dagli ordinari uffici amministrativi potessero applicarsi agli organi dotati di funzioni legislative e autonomia costituzionale come i Consigli regionali. Sono parole nelle quali lo straripamento del potere e il disprezzo dell'autonomia delle istituzioni politiche sembra davvero chiaro. Con questo ricorso, pertanto, la Regione Emilia Romagna intende tutelare l'autonomia degli organi elettivi nei confronti del Giudice contabile e della sua pretesa di utilizzare i materiali di un controllo amministrativo illegittimamente compiuto per esercitare un sindacato di merito estraneo alle sue attribuzioni e incompatibile con il rispetto delle prerogative degli organi politici elettivi; e intende, altresi', assicurare l'applicazione delle proprie leggi, che non possono essere ignorate e disapplicate dalla Procura, che le sostituisce con criteri e modalita' di controllo e del conseguente accertamento della responsabilita' privi di base costituzionale e legale. Diritto 1) Esorbitanza dal potere giurisdizionale della Corte dei conti. Invasione dell'autonomia organizzativa e contabile del consiglio regionale. Violazione dell'art 122, co. 4, Cost. I consigli regionali sono dotati di autonomia contabile ed organizzativa in virtu' di norme statali. La legge 853/1973 (abrogata a decorrere dal 1° gennaio 2015, ma vigente al momento dei fatti in questione) prevedeva i "contributi per il funzionamento dei gruppi consiliari", rinviava al regolamento consiliare per la disciplina attuativi e contemplava l'approvazione del rendiconto del Consiglio da parte del Consiglio stesso. Ora, l'art. 67, d.lgs. 118/2011 dispone che "le regioni, sulla base delle norme dei rispettivi statuti, assicurano l'autonomia contabile del consiglio regionale, nel rispetto di quanto previsto dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174", e che "la presidenza del consiglio regionale sottopone all'assemblea consiliare, secondo le norme previste nel regolamento interno di questa, il rendiconto del Consiglio regionale". Sulla base delle norme statali, e in primis degli artt. 121, 122 e 123 Cost., lo Statuto dell'Emilia-Romagna ha previsto e regolato l'autonomia contabile ed organizzativa della Regione (v. l'art. 27, commi 1-4, l'art. 28, co. 4, lett. a), l'art. 35; per i contributi ai gruppi v. in particolare l'art. 35, co. 4, e l'art. 36, co. 4), rinviando al regolamento interno per la disciplina attuativa. L'art. 14, co. 1, lett. f) di questo (Deliberazione dell'Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna 28 novembre 2007, n. 143, Regolamento interno dell'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna) stabilisce che l'Ufficio di presidenza "provvede alle necessita' dei gruppi assembleari, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, dello statuto e delle leggi regionali in materia". In concreto, la disciplina dettagliata delle spese dei gruppi e del controllo su di esse operato dal Consiglio regionale si trova nella l.r. 32/1997 e nella delibera attuativa dell'Ufficio di presidenza n. 5 del 17 gennaio 2012, prevista dall'art. 1, co. 7, della l.r. 32/1997. La l.r. 32/1997 e' stata abrogata dalla l.r. 11/2013 ma, con riferimento all'esercizio 2012 (quello al quale si riferiscono gli atti di citazione qui contestati), essa era applicabile nel testo modificato dalla l.r. 14/2010. La l.r. 32/1997 disciplina in dettaglio i contributi ai gruppi (art. 3), la gestione dei contributi (art. 6), la documentazione contabile dei gruppi (art. 8), il rendiconto dei gruppi consiliari (art. 9), il Comitato tecnico per il controllo del rendiconto (art. 11) e i provvedimenti dell'Ufficio di Presidenza (art. 12). In particolare, l'art. 9 prevede che "i gruppi consiliari sono tenuti a redigere e ad approvare entro il 31 marzo di ogni anno il rendiconto relativo all'anno precedente, secondo il modello predisposto dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio". Il comitato tecnico e' un organo esterno (i membri non possono essere consiglieri regionali: art. 11, co. 7), composto da revisori ufficiali dei conti; l'Ufficio di Presidenza puo' discostarsi dal giudizio del comitato tecnico solo con espressa motivazione (art. 11, co. 5); lo stesso Ufficio "accerta, distintamente per ciascun gruppo consiliare, che nel corso del periodo cui il rendiconto si riferisce: a) non sussistono irregolarita' di redazione del rendiconto [...]". In generale, l'art. 1, co. 5, della legge (nel testo vigente nel 2012) stabiliva che "il Consiglio regionale, con le modalita' e gli effetti previsti dalla presente legge, svolge controlli sulla gestione dei contributi in denaro erogati ai gruppi a sensi degli articoli 3 e 4, comma 5, con oneri a carico del bilancio del Consiglio regionale", e che "i controlli mirano esclusivamente a verificare che i contributi assegnati ai gruppi non siano devoluti a fini diversi dal funzionamento e dalla attivita' istituzionale dei gruppi stessi, secondo le norme dello Statuto, del Regolamento interno del Consiglio e della presente legge". E' da sottolineare che la Procura disconosce l'esistenza di questo controllo sull'attinenza delle spese, dato che definisce "documentale e estrinseco" il controllo operato dall'Ufficio di presidenza (v. p. 45 citazione Sconciaforni). La delibera attuativa n. 5/2012 dell'Ufficio di presidenza disciplina ulteriormente il controllo operato sul rendiconto del gruppo, prevedendo che esso comprenda la "rispondenza delle uscite esposte nel rendiconto alle finalita' di cui alla l.r. 32/1997" (art. 1, co. 2, lett. d); l'art. 1, co. 4, dispone poi che "ogni rendiconto, comprensivo degli allegati, e' approvato dal gruppo interessato" e che "il verbale della riunione del gruppo nella quale il rendiconto e' discusso e approvato viene allegato al rendiconto stesso". L'art. 2 regola i "libri e scritture contabili" che i gruppi devono tenere, precisando che "ogni registrazione contabile deve essere sorretta da adeguata documentazione, tutta vistata dal capogruppo". L'art. 3 regola i controlli quadrimestrali effettuati presso i gruppi dal Comitato tecnico. L'art. 4 prevede che i gruppi redigano il rendiconto secondo il modello allegato alla stessa delibera 5/2012, che il Comitato tecnico elabori un rapporto per ogni gruppo e che l'Ufficio di presidenza accerti la regolarita' del rendiconto (comprensiva dell'attinenza delle spese alle finalita' istituzionali del gruppo). La normativa regionale, dunque, in attuazione degli artt. 121, 122 e 123 della Costituzione e delle norme legislative statali sopra citate, ha predisposto un sistema completo di documentazione, rendicontazione e controllo delle spese effettuate dai gruppi consiliari. Il rendiconto e' approvato dal gruppo consiliare e valutato da un organo esterno (il Comitato tecnico) e infine e' oggetto di una verifica di regolarita' da parte dell'Ufficio di presidenza. Questi atti di approvazione e controllo si sono tradotti in "voti" ed "opinioni", sia da parte del gruppo consiliare sia da parte dell'Ufficio di presidenza. In base all'art. 122, co. 4, Cost., "i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Secondo pacifica giurisprudenza costituzionale, un atto giurisdizionale che viola la prerogativa dell'insindacabilita' e' impugnabile in sede di conflitto di attribuzione, perche' rappresenta un eccesso dal potere giurisdizionale, lesivo dell'autonomia del Consiglio regionale. Occorre, dunque, verificare se, per qualche ragione, gli atti di approvazione e controllo dei rendiconti dei gruppi siano sottratti all'ambito di applicazione della prerogativa di cui all'art. 122, co. 4, cost. Come visto, tali atti sono estrinsecazione dell'autonomia contabile ed organizzativa del Consiglio regionale, prevista dalla Costituzione e dalle leggi statali e attuata, nella disciplina di dettaglio, da fonti regionali. Non si tratta, dunque, di mere funzioni "amministrative" attribuite agli organi consiliari da leggi regionali, ma di "tipiche" funzioni di autoorganizzazione, essenziali per l'autonomia politica del Consiglio, essendo impensabile che il Consiglio non possa valutare se sia necessario e utile, per lo svolgimento delle funzioni consiliari e per la tutela degli interessi dei cittadini regionali, compiere una certa spesa di rappresentanza o affidare una certa consulenza. L'art. 122, co. 4, Cost. serve proprio a garantire la libera determinazione dell'organo politicamente rappresentativo della comunita' nel decidere come esercitare le funzioni preordinate alla cura degli interessi della comunita', serve a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell'organo. Va sottolineato altresi' che l'autonomia del Consiglio si salda con il diritto alla riservatezza che deve tutelare la attivita' politica dei suoi componenti e che impedisce di rendere pubblico ogni aspetto della loro attivita' extra moenia, inclusi i loro contatti politici e i rapporti sociali; e che su di essi certo non puo' un Giudice, sia pure contabile, esprimersi in termini di ammissibilita' o meno. Codesta Corte piu' volte ha confermato che le funzioni di autoorganizzazione sono "coperte" dall'art. 122, co. 4, cost. Ad es., la sentenza n. 81 del 1975 ha ricondotto sotto la sfera della insindacabilita' sancita dall'art. 122 Cost. una delibera consiliare di approvazione della stipula di un contratto di assicurazione dei consiglieri regionali; le "sentenze n. 69 e n. 70 del 1985 (e poi analogamente le sentenze n. 289 del 1997 e n. 392 del 1999) hanno distinto dall'area insindacabile, riferita alle funzioni legislative, di indirizzo politico e di controllo, di autoorganizzazione interna, nonche' a quelle aggiuntive determinate dal legislatore nazionale, un'area invece pienamente sindacabile, costituita dalle altre e diverse funzioni amministrative, determinate dalle varie fonti regionali" (cosi' la sent. 337/2009); la sent. 337/2009 ha ritenuto "coperte" le funzioni "anche di tipo amministrativo purche' strettamente finalizzate a garantire l'autonomo funzionamento dei Consigli regionali". Dunque, nel momento in cui una Regione predispone un sistema completo di documentazione e controllo sulle spese del gruppi consiliari, le decisioni del gruppo e dell'Ufficio di presidenza attuative di tale sistema sono senz'altro funzioni "tipiche" consiliari, strumentali all'autonomia organizzativa, contabile e soprattutto politica del Consiglio. La sent. 392/1999 ha affermato "la riconducibilita' all'art. 122, quarto comma, della Costituzione delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell'ambito delle attivita' di gestione dei fondi stanziati in bilancio per le esigenze di cui sopra, con la doverosa precisazione, peraltro, che non si tratta di una immunita' assoluta, in quanto essa non copre gli atti non riconducibili, secondo ragionevolezza, all'autonomia ed alle esigenze ad essa sottese". Gli atti di citazione qui impugnati, pero', non si limitano certo a contestare il danno causato dai singoli consiglieri nel compimento di specifiche spese palesemente non attinenti, ma si sovrappongono chiaramente e vanificano gli atti di approvazione e di controllo previsti dalle norme regionali e compiuti dal gruppo e dall'Ufficio di presidenza. Quella sorta di curioso "decalogo" sull'uso dei fondi che si e' descritto nella parte in "Fatto" esprime la filosofia generale di questa sovrapposizione dei criteri di valutazione propri della Procura della Corte dei conti rispetto alle valutazioni del Consiglio regionale, mentre le contestazioni ricavate dall'illegittima procedura di controllo esprimono la applicazione concreta di tale filosofia. Se la Corte dei conti potesse agire contro i consiglieri ed i capigruppo in relazione a spese approvate dall'Ufficio di presidenza, in situazioni di non palese estraneita' alle funzioni - l'autonomia del Consiglio sarebbe illusoria su un punto essenziale (l'autonomia di spesa), perche' ci sarebbe sempre il timore che una certo pranzo, un viaggio in treno o una consulenza, ritenuti necessari per l'attivita' politica del consigliere, possano essere considerati non attinenti dalla Corte dei conti. Dunque, quello che in questo primo motivo si contesta non e' soltanto il potere della Corte dei conti di decidere se la singola spesa sia stata o meno attinente alle funzioni consiliari (sempre eccettuate le situazioni abnormi di manifesta estraneita'), ma anche di decidere se il Consiglio e' autonomo o meno nell'accertamento della regolarita' delle spese e se tale funzione di accertamento possa essere sottratta alla prerogativa di cui all'art. 122, co. 4, Cost. Si tratta dunque, sotto entrambi i punti di vista, di questioni concernenti i confini della giurisdizione: non puo' essere il giudice contabile ne' a dettare regole prive di ogni fondamento legislativo sull'uso dei fondi dei gruppi consiliari, ne' a sindacarne in concreto l'uso, regolarmente approvato dall'organo titolare dell'autonomia contabile secondo procedure legittime, ed al di fuori dell'ipotesi di uso palesemente abnorme. 2) Lesivita' e arbitrarieta' di atti di citazione perfettamente corrispondenti agli esiti degli atti di controllo illegittimamente assunti e poi annullati da codesta Corte costituzionale, con la sopra citata sentenza n. 130/2014, e cio' nonostante presi in considerazione dalla Procura della Corte dei conti come fondamento documentale della propria iniziativa. Come esposto in narrativa, la notifica degli atti di citazione ai capigruppo del Consiglio regionale e a singoli consiglieri costituisce null'altro che la trasposizione/ribaltamento in atti della Procura inquirente della delibera di controllo illegittimamente assunta. E' infatti sufficiente la lettura di uno qualunque tra tali citazioni per constatare che essi sono sostanzialmente tutte uguali, e che tutti insieme non fanno che scomporre e ricomporre le contestazioni contenute nella deliberazione di controllo annullata da codesta ecc.ma Corte costituzionale. Merita, dunque, soffermarsi sulla struttura delle citazioni. Esse constano di diversi punti e solo nel punto 5 differiscono, in misura limitata. Qui, in poche righe, anche queste scritte secondo un identico facsimile, si spiega quale sia l'imputazione posta a carico del consigliere e/o del capogruppo: varia esclusivamente il nome del/degli interessato/i. L'ipotesi di responsabilita' e' espressa con una formula che viene anch'essa ripetuta identica in tutti gli inviti a dedurre: si parla di "effettuazione di spese manifestamente non inerenti all'attivita' istituzionale e al funzionamento del gruppo stesso", aggiungendo che "il vincolo di destinazione. consente di ritenere illecite, giuridicamente illogiche ed economicamente irrazionali, perche' eccedenti i limiti del mandato istituzionale attribuito dall'ordinamento regionale ai gruppi consiliari, le spese, effettuate dal consigliere" - segue il nome - "dettagliate nelle due schede di riepilogo". Le schede suddividono per mese e per voci (taxi, auto, autostrada, treno, pasti, alberghi, giornali, eventi, beni vari, spese postali, affitti e bollette, consulenze e contratti) gli importi. Eccone un esempio: Parte di provvedimento in formato grafico Dopo le tabelle, segue: l'affermazione, caratterizzata da una eclatante inversione dell'onere della prova, dell'inesistenza di "alcun indice probatorio di inerenza agli scopi e agli obiettivi" istituzionali, "trattandosi di spese che, per loro natura e/o per la loro carente documentazione, sono palesemente prive di qualsiasi giustificazione e collegamento con l'attivita' istituzionale del gruppo"; l'affermazione del dovere "di rendicontazione e tenuta documentale delle spese effettuate" (come se questi doveri non fossero stati adempiuti, mentre sono stati adempiuti come illustrato nel punto precedente secondo la disciplina regionale vigente); l'enunciazione di un "decalogo" sulla corretta effettuazione delle spese di rappresentanza, delle spese per pasti, delle spese per taxi, delle spese ferroviarie e di trasporto, delle spese per consulenze ed incarichi esterni, decalogo che svuota il rango politico dell'autonomia del Consiglio regionale; la prospettazione del "dolo di gestione", derivante da una meramente asserita "evidente violazione dolosa delle regole di gestione di fondi pubblici" e dalla ugualmente solo asserita "assenza non solo di prova della legittimita' della spesa" ma addirittura "dell'effettivita' dell'indicato esborso", in contrasto con gli accertamenti legittimi previsti dalla legge. Il carattere meramente assertivo di tali enunciazioni rende manifesto che la loro enunciazione si deve solo al tentativo di occultare che la parte fondamentale ed essenziale delle contestazioni si basa sulla diversa valutazione dei criteri politici di gestione, quali espressi nel "decalogo" sopra illustrato. L'elemento soggettivo non e' dimostrato con elementi di prova adeguatamente documentati, ma e' ricavato in via induttiva dal fatto che la documentazione esistente non era analitica e corrispondente ai criteri individuati dalla Procura e dalla Sezione di controllo, ma rispondevano correttamente ai requisiti previsti dalla legislazione regionale. L'unica variazione, piu' formale che sostanziale, corre tra le citazioni indirizzate ad un unico consigliere, che e' pure capogruppo, e quelle indirizzate al consigliere e al "suo" capogruppo (il quale, per "la macroscopica deviazione dalle riferite finalita' pubblicistiche", e' comunque imputabile per "il medesimo titolo psicologico (dolo diretto di gestione)"). Come si puo' immediatamente dedurre, la differenziazione e l'individuazione delle spese asseritamente irregolari e la personalizzazione delle responsabilita' individuali sono interamente contenute nelle "schede". Ma ogni singola voce di ogni singola scheda e' a sua volta compilata sulla base delle schede trasmesse in allegato alla deliberazione della Sezione regionale di controllo 249/2013/FRG del 10.7.2013, trasmessa nella stessa data alla Procura: la differenza e' che le schede compilate dalla Sezione di controllo riportavano tutte le singole voci di spesa aggregate per Gruppo consiliare, quelle ora compilate dalla Procura sono suddivise per consigliere/gruppo e aggregate per tipologia di spesa. Poste queste premesse, risulta evidente lo strettissimo rapporto, per non dire la perfetta identita', che sussiste tra l'operato della Sezione di controllo e quello svolto dalla Procura regionale della Corte dei conti. Benche' in apertura gli atti di citazione attribuiscano alla documentazione raccolta e trasmessa dalla Sezione di controllo solo la funzione di "integrare" le fonti di informazione della Procura, nulla, negli atti di citazione, lascia anche solo ipotizzare l'esistenza di ulteriori informazioni acquisite da altre fonti o da autonome ricerche svolte dall'autorita' inquirente. Non a caso, la Procura replica all'eccezione di "nullita' degli atti istruttori per mancanza di una notizia di danno specifica e concreta" sottolineando la "piena utilizzabilita' della nota n. 3660 del 10.7.2013" della sezione di controllo (p. 41 citazione Sconciaforni). Inoltre, la Procura rileva (p. 47) che il riferimento della sezione di controllo al mancato invio della documentazione "puo' ritenersi come valida denunzia di illecito e di danno erariale", affermando peraltro incongruamente, subito dopo, che e' "priva di valore e di effettiva rilevanza giuridica la comunicazione/trasmissione alla Procura regionale [...] della deliberazione della Sezione di controllo n. 249/2013 del 10.7.2013" (p. 50). Le stesse motivazioni addotte dalla Procura per sostenere la "macroscopica deviazione" delle spese contestate dalle finalita' istituzionali non fanno che meramente riprodurre le annotazioni/contestazioni poste al margine delle singole spese nelle schede compilate dalla Sezione di controllo: "difetto di inerenza", "difetto di documentazione probatoria". Tutto cio' risulta dalla semplice analisi delle tabelle relative alle spese contestate, la cui sconcertante carenza di capacita' descrittiva di fattispecie di responsabilita' trova spiegazione solo nel collegamento con l'atto di controllo. Le considerazioni sopra esposte rendono manifesto che, pur formalmente esercitando la sua funzione istituzionale, la procura della Corte dei conti altro non ha fatto che "replicare" l'illegittima attivita' di controllo. Cio' tanto piu' che, come gia' esposto, l'irregolarita' delle spese era affermata in relazione al mancato invio da parte dei Gruppi della ulteriore documentazione richiesta dalla Sezione di controllo: richiesta evidentemente essa stessa illegittima e priva di fondamento, dato che l'intera procedura di controllo non avrebbe dovuto neppure essere iniziata: sembra, dunque, evidente che non solo l'azione di controllo era complessivamente in conflitto con l'autonomia del Consiglio regionale, ma che erano viziati in radice i suoi singoli atti e le sue singole risultanze: essa non poteva essere posta a fondamento di alcuna iniziativa della Procura. Risultano dunque violati i principi che governano l'iniziativa processuale della Procura della Corte dei conti. 3) Lesivita' e arbitrarieta' degli atti di citazione in quanto, replicando le censure svolte nella sede dell'annullato atto di controllo, invadono le scelte di merito riservate all'autonomia del Consiglio regionale, fuoriuscendo dai limiti sia della funzione di controllo che del sindacato giurisdizionale. Specifica violazione dell'art 122, quarto comma, Cost. Replicando l'attivita' di controllo, la Procura regionale ne ha anche assunto il carattere di invasivita' delle prerogative e dell'autonomia del Consiglio regionale e dei Gruppi consiliari che caratterizzava la prima. Benche' infatti, le contestazioni della Procura regionale esprimano un formale ossequio al principio della insindacabilita' delle scelte di merito, riservate alla autonomia politica dei Gruppi, come affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 39/2014, l'esame del loro contenuto mostra che, al contrario, la Procura non ha fatto che replicare e "personalizzare" il controllo di merito sull'inerenza delle spese al mandato politico, gia' esercitato dalla Sezione regionale di controllo: e lo ha fatto assumendo come fonte documentale i risultati di quel controllo. Cosi' facendo la Procura da un lato ha soltanto rivestito di forme giurisdizionali la prosecuzione dell'attivita' di controllo dichiarata da codesta Ecc.ma Corte condotta illegittimamente e in violazione delle attribuzioni regionali, dall'altro ha ecceduto l'ambito del sindacato ad essa consentito. Dato che il carattere soltanto tipologico e numerico delle indicazioni contenute nelle Tabelle rendono non trasparente e non puntuale la contestazione, si considerino in primo luogo, per praticita', quelle contenute nella nota del Procuratore del 9 luglio 2014, n. 5190. Pur non trattandosi di quelle di cui alle citazioni, esse ne condividono tuttavia la tipologia, provenendo le une e le altre dagli atti di controllo. Orbene, cio' che e' davvero manifesto e' che le irregolarita' contestate non si riferiscono affatto a spese che eccedono i limiti dell'attivita' istituzionale, ma a spese che vi rientrano, il cui apprezzamento compete, appunto, all'autonomia politica dei gruppi. Ci si riferisce infatti, ad esempio, alla missione di un consigliere regionale (per di piu', presidente dell'Assemblea Legislativa) per l'inaugurazione della ristrutturazione e conversione sociale (sponsorizzata dalla Regione) di un ex edificio scolastico compreso in un parco dei colli modenesi; o alla spesa che una consigliera ha fatto per un biglietto di trasporto pubblico per recarsi, in qualita' di relatore, al Convegno "Le donne e il lavoro - Il lavoro delle donne", tenutosi a Brescia. Risulta chiaro che il sindacato su simili spese - analoghe alla stragrande maggioranza di quelle alle quali si riferiscono le contestazioni della Procura - eccede la verifica sui limiti del carattere istituzionale delle spese, per entrare nel merito specifico delle scelte discrezionali: il che esula tanto dal potere di controllo quanto dal possibile sindacato giurisdizionale. In questi termini, accanto alla completa irritualita' dell'uso di una illegittima procedura di controllo come fondamento di una presunta irregolarita' delle spese, al centro della questione si pone un ulteriore fondamentale interrogativo: a chi competa il giudizio di inerenza al mandato politico sulle spese dei Gruppi consiliari. La risposta di codesta ecc.ma Corte si era delineata gia' in passato: pur affermando il principio generale della responsabilita' contabile, la Corte ha escluso dal controllo contabile le spese "rivolte a fornire all'organo consiliare i mezzi indispensabili per l'esercizio delle sue funzioni", purche' le stesse siano "riconducibili ragionevolmente all'autonomia e alle esigenze ad essa sottese" (sent. 289/1997). Come la stessa Corte ha Osservato in seguito - pur con riferimento ad una fattispecie specifica (sent. 392/1999) - l'addebito rivolto agli organi del Consiglio regionale deve essere formulato "in termini di estraneita' o, comunque, di non riconducibilita', alla stregua di un criterio di ragionevolezza, dell'autorizzazione dei viaggi all'autonomia funzionale del Consiglio regionale" e non "su valutazioni negative in ordine all'utilita', alla proficuita' o, addirittura, alla ricaduta pratica concreta dei suddetti viaggi, con apprezzamenti riferibili al merito delle spese e, pertanto, non idonei ad essere elevati a criterio di verificazione della riconducibilita' o meno delle spese stesse al suddetto principio di autonomia", tutelato in particolare dall'art. 122, quarto comma, della costituzione e dalla rado ad esso sottesa. Tale sentenza ha annullato un atto di citazione rivolto al Presidente del Consiglio della Regione Lombardia, per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle invocate nel presente ricorso. Recentissimamente, con specifico riferimento alle competenze della Corte dei conti nel controllo sui rendiconti dei Gruppi consiliari (introdotte dall'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213), la sent. 130/2014, sulla base delle linee gia' tracciate dalla gia' piu' volte ricordata sent. 39/2014, ha stabilito che "il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale [...]. Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformita' del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all'autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale". Questa giurisprudenza e' cosi' chiara e precisa che avrebbe dovuto far desistere la Procura dal dare seguito all'attivita' svolta dalla Sezione regionale di controllo, proprio quella che, per ricorso della ricorrente Regione, ha provocato la sent. 130 e da questa e' stata annullata. L'azione della Procura si fonda su un sostanziale fraintendimento del significato delle pronunce di codesta ecc.ma Corte: questa "lettura" della giurisprudenza costituzionale persegue la restaurazione del controllo di merito sulle spese dei Gruppi consiliari, fondandosi su un concetto di inerenza che codesta Corte ha ritenuto lesivo dell'autonomia regionale. In conclusione, risulta chiara - ad avviso della ricorrente Regione - la violazione dei limiti che definiscono l'ambito della giurisdizione della Corte dei conti. Se in generale alla giurisdizione contabile e' precluso l'esame del merito delle scelte degli organi amministrativi, e' evidente che tale limitazione acquista una peculiare estensione in relazione alle scelte riservate al Consiglio regionale ed ai suoi organi, ed in particolare ai consiglieri, ai quali la stessa Costituzione assicura l'insindacabilita' per i voti dati e le opinioni espresse, secondo la dizione dell'art. 122, quarto comma, Cost., che risulta dunque anch'esso specificamente violato. D'altronde, le funzioni dei gruppi consiliari sono strumentali all'intera gamma delle funzioni del Consiglio, ivi compresa la funzione legislativa, e partecipano dunque delle garanzie ad essa riservate (v. sent. di codesta ecc.ma Corte n. 209 del 1994).